From Past To Future

Marco Ribola
Ribola’s nasce dal ritrovato desiderio a 44 anni di creare. La materia e il pensiero s’incontrano in un progetto che coniuga la conoscenza di moderne tecnologie con memo- rie del passato.
L’idea di dare una nuova identità alle bici da città mi affascina e per concretizzarla devo intervenire sui telai con una massiccia trasformazione e una cura maniacale nei dettagli che rende questo rapporto quasi viscerale. Sono le mie creazioni e le riconosco al solo rumore della pedalata.
Modelli unici, ognuno con un proprio nome e una data di nascita.
Tecnologie all’ avanguardia ma con ricordi di un passato non facilmente ricollocabile.
Ai telai imponenti che vogliono rievocare quelli di una motocicletta si contrappone la leggerezza dell’alluminio e la presenza dei pedali.
Alluminio che lascia profonde cicatrici visibili in tutta la loro faticosa bellezza.Think back!”

Marco Minoni – tatuatore Marco Ribola – designer
Marco Minoni
È un tatuatore,nato a Brescia nel 1986,dove da poco è tornato a vivere e a lavorare dopo aver visto il mondo. Più volte è stato in Giappone, e a breve vi farà ritorno.
Quest’ultimo è il paese che più lo affascina e dove tutta la collezione qui esposta affonda le sue radici. Il lavoro da lui presentato oggi è una collezione di disegni per tatuaggio, di cui alcuni sono già stati realizzati su pelle umana e altri sono in attesa di trovare il loro proprietario, basata sulle stampe giapponesi (Ukiyo-e) del periodo Edo e gran parte del periodo Meiji.
Il tatuaggio giapponese ha origini antichissime,al pari di quello polinesiano,documentato nei carnet di viaggio degli esploratori europei già dal XV secolo, mentre durante il periodo feudale venne utilizzato come marchio di infamia per riconoscere i criminali, nel XVIII secolo tornò ad essere in voga e le varie forme vennero indicate con nomi diversi: quello punitivo era indicato come IREZU- MI,mentre quello decorativo era chiamato HORIMONO a Edo (l’antico nome diTokyo) e GAMAN (pazienza, che occorre per sottoporsi al tatuaggio) nelle province di Kyoto e Osaka.
Durante il feudalesimo il tatuaggio era molto diffuso anche come segno di fedeltà, infatti la soppor- tazione del dolore fisico era ritenuta una prova di sincerità, e il tatuaggio per la sofferenza che implica e la sua indelebilità divenne il pegno d’amore ideale per gli amanti.Alcuni religiosi partico- larmente devoti poi si facevano tatuare l’immagine del Buddha.
Verso la fine del XVII secolo il tatuaggio era una pratica molto diffusa in Giappone.
All’inizio del XIX secolo,una serie di fortunate coincidenze in un particolare momento di trasforma- zione dell’assetto sociale del paese,diedero origine ad una nuova forma di tatuaggio horimono,le cui caratteristiche del tutto particolari lo differenziarono e lo resero unico al mondo e gli permisero di raggiungere livelli di qualità, colore, forme, movimento, luci ed ombre negli sfondi, raffinatezza iconografica, espressiva e tecnica di gran lunga superiori a qualsiasi altra forma di tatuaggio conosciuta fino ad oggi.
Nel tatuaggio giapponese il “dipinto”prende tutto il corpo, iniziando con il tatuarsi la schiena, dalle spalle fino al retro del ginocchio, successivamente si tatuano le braccia e pettorali (SANSHOKU) , poi il costato e l’addome fino alle ginocchia (MUNAWARI), da qui dalle ginocchia alle caviglie, infine i piedi e il cranio. Mani, viso e collo vengono lasciati liberi in modo tale da poter apparire non tatuati una volta vestiti (ancora oggi infatti la pratica del tatuaggio è vista male in Giappone da una buona parte della popolazione).
I soggetti del tatuaggio horimono che potete ritrovare nel lavoro di Marco sono numerosi: a caratte- re religioso o etico (buddista o scintoista), leggende popolari, racconti di battaglie, eroi di guerra, esseri sovrannaturali, storie d’amore, soggetti naturali come animali e fiori, oggetti magici; e sfondi d’aria, acqua e roccia.
Qui rappresentate da Marco troviamo numerose schiene (i quadri più grandi) dove i disegni sono intesi per essere rappresentati dalle spalle al retro delle cosce, per questo la loro forma ondulata, alcuni munawari( costato/addome) e tanti disegni più piccoli per braccia e gambe.
I soggetti rappresentati sono tra i più svariati e sono tutti in linea con la tradizione del tatuaggio classico giapponese, fatta eccezione per la schiena raffigurante due robot, creati a fine anni ’70 per dei cartoni animati giapponesi, ma realizzati come maschere del teatro kabuki; e il quadro raffigu- rante una cortigiana nuda che contempla una testa mozzata (namakubi) dove è presente una lattina di birra kirin.